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Regolamentazione e tutela delle acque e del suolo
1.
Le acque reflue devono
essere convogliate nella fognatura comunale, laddove esistente, a cura dei
proprietari secondo quanto previsto dal requisito R.C.3.4: "Smaltimento delle
acque reflue", nonché dal regolamento del servizio idrico
integrato. 2.
Il parere di conformità tecnica per l'allacciameno alla pubblica fognatura è
rilasciato dall’ente gestore del servizio e costituisce presupposto necessario
ai fini del rilascio del permesso di costruire, nonché dell’avvio dei lavori se
trattasi di opere soggette a SCIA. 3.
I gestori degli impianti di cui all’art. 1 del DPR 59/2013 presentano domanda di
Autorizzazione Unica Ambientale (AUA), disciplinata dal medesimo decreto, nel caso in
cui siano assoggettati ai sensi della normativa vigente al rilascio/rinnovo della
autorizzazione allo scarico. Rimane invece di competenza del Comune il rilascio a
persone fisiche dell’autorizzazione allo scarico di acque reflue domestiche in corpi idrici
superficiali e nel suolo, secondo le modalità indicate nella normativa regionale vigente
(Delibera di Giunta regionale 1053/2003). 4.
Qualora intervengano
modifiche alle caratteristiche dello scarico conseguenti ad interventi sul
fabbricato o mutamenti della destinazione d’uso, il titolare dello scarico soggetto ad AUA dovrà darne comunicazione all’autorità competente o, in caso di
modifica sostanziale, presentare una nuova domanda di autorizzazione, ai sensi dell’art.
6 del DPR 59/2013, mentre il titolare dello scarico di acque reflue domestiche dovrà
richiedere una nuova autorizzazione allegando le planimetrie, nonché l’eventuale
ulteriore documentazione esplicativa, delle reti di scarico aggiornate secondo
le nuove attività o destinazioni, fatti salvi ulteriori adempimenti disposti
dall’ente gestore del servizio di pubblica fognatura o dall’ente competente al
rilascio dell’autorizzazione. 5.
Nelle nuove
urbanizzazioni e in tutti gli interventi di NC le reti di scarico di pertinenza
dell'insediamento devono essere separate per le acque bianche e per le acque
nere, anche qualora la fognatura comunale a cui recapitano sia di tipo
misto. 6.
Nelle nuove
urbanizzazioni di ambiti con destinazioni d’uso prevalentemente non
residenziali, le reti di scarico delle acque meteoriche devono essere dotate di
idonei presidi antinquinamento (disoleatori, dissabbiatori, impianti di
depurazione) ai sensi della delibera della G.R. 14 febbraio 2005 n. 286 e s.m.i.
e in conformità alle disposizioni dettate dal decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 e s.m.i., nonché delle relative disposizioni regionali e comunali e dei
regolamenti degli enti gestori del servizio. 7.
Le acque meteoriche provenienti dai tetti, cortili e in genere dai suoli di aree edificate,
devono essere smaltite nel rispetto dei criteri di priorità definiti dalla normativa regionale
vigente (Delibera di Giunta regionale 1860/2006). L’immissione nel corpo recettore
individuato è soggetta a parere idraulico e di accettabilità del Gestore. 8.
Al fine di non
incrementare gli apporti d’acqua piovana al sistema di smaltimento, per gli
ambiti di nuovo insediamento, è prescritta la realizzazione di sistemi di
raccolta delle acque di tipo duale, ossia composte da un sistema minore
costituito dalle reti fognarie per le acque nere e parte delle acque bianche
(prima pioggia), e un sistema maggiore costituito da collettori, interrati o a
cielo aperto, e da sistemi di accumulo per le acque bianche. Il sistema maggiore
deve prevedere sistemi di raccolta e accumulo delle acque, piovane per un volume
complessivo di almeno 500 mc per ettaro di superficie territoriale, ad
esclusione delle superfici permeabili destinate a parco o a verde compatto. Tali
sistemi di raccolta, ad uso di una o più delle zone da urbanizzare, devono
essere localizzati in modo tale da raccogliere le acque piovane prima della loro
immissione nel corso d’acqua o collettore di bonifica ricevente individuato
dall’Autorità idraulica competente. 9.
Le caratteristiche
funzionali dei sistemi di raccolta delle acque bianche sono stabilite, secondo
il criterio dell’invarianza idraulica, dall’Autorità idraulica competente con la
quale devono essere preventivamente concordati i criteri di gestione. L’autorità
competente può derogare dal criterio dell’invarianza idraulica, in particolare
nel caso di scarico diretto in un fiume o torrente. 10.
L’esecuzione nel
sottosuolo di lavori che ostacolino il deflusso delle acque sotterranee è
subordinato all’esito della preventiva relazione geotecnica che escluda
conseguenze dannose alla qualità e al livello della falda
acquifera. 11.
E’ vietato sbarrare o
intercettare corsi di acque superficiali senza autorizzazione regionale ai sensi
del R.D. 1775/33 e s.m.i. 12.
L'approvvigionamento
idrico attraverso l'emungimento da acque sotterranee, comporta l'autorizzazione
da parte degli uffici regionali competenti, nonché l'eventuale titolo abilitativo per le opere edilizie
connesse. Qualora l'approvvigionamento idrico per l'uso potabile e domestico
avvenga mediante l'utilizzo di un pozzo, dovranno essere documentate, all’atto
della richiesta del titolo abilitativo ai sensi della legge regionale n.
15/2013, le caratteristiche tecnico-costruttive dell’opera di presa e la qualità
dell'acqua attinta, nel rispetto di quanto previsto dal requisito R.C.3.3.2:
"Approvvigionamento idrico in assenza di acquedotto". 13.
In tutto il territorio
comunale i pozzi chiusi inutilizzati devono essere occlusi in modo stabile al
fine di evitare rischi di inquinamento della falda e situazioni di pericolo. Le
metodologie della occlusione sono approvate dalle autorità
competenti. 14.
Nel caso di
realizzazione di bacini per la raccolta di acque, le pareti e il fondo devono
essere costruiti in modo tale che sia impedito l’impaludamento dei terreni
circostanti. 15.
L’adozione, nei terreni
ad uso agricolo, di nuovi sistemi di drenaggio che riducano sensibilmente il
volume specifico d’invaso, modificando quindi i regimi idraulici, è soggetta ad
autorizzazione da parte del comune ed è subordinata all’attuazione di interventi
compensativi consistenti nella realizzazione di un volume d’invaso pari almeno a
100 mc per ogni ettaro di terreno drenato con tali sistemi e al parere
favorevole, espresso sulla base di un’idonea documentazione in cui sia
dimostrato il rispetto di quanto previsto dal presente punto, dell’Autorità
idraulica competente. Ai presenti fini, i sistemi di “drenaggio tubolare
sotterraneo” e di “scarificazione con aratro talpa” sono da considerare come
sistemi che riducono sensibilmente il volume specifico
d’invaso. 16.
Nelle zone di protezione
delle risorse idriche sotterranee, di cui all’articolo 2.21 delle norme del PSC,
sono vietati: - gli scarichi liberi sul suolo e nel sottosuolo di liquidi e di altre sostanze di qualsiasi genere o provenienza, ad esclusione della distribuzione agronomica del letame e delle sostanze ad uso agrario, nonché dei reflui trattati provenienti da civili abitazioni, o da usi assimilabili, che sono consentiti nei limiti delle relative disposizioni statali e regionali; - la realizzazione di nuovi allevamenti zootecnici di tipo intensivo; - il lagunaggio dei liquami prodotti da allevamenti zootecnici al di fuori di appositi contenitori per l’accumulo e la raccolta dei reflui zootecnici di accumulo impermeabilizzati con materiali artificiali; - la ricerca di acque sotterranee e l’escavo di pozzi, nei fondi propri o altrui, ove non autorizzati dalle autorità competenti ai sensi della legge n. 36/1994; - l'interramento, l'interruzione o la deviazione delle falde acquifere sotterranee con particolare riguardo per quelle alimentanti acquedotti per uso idropotabile; - l’insediamento di industrie o depositi che
trattano fluidi o sostanze idrosolubili che possono inquinare la falda in caso
di sversamenti accidentali, se non con l’adozione di tutte le misure di
contenimento del rischio che saranno ritenute opportune dalle autorità
competenti al rilascio dei pareri igienicosanitari; - la realizzazione e l'esercizio di nuove discariche per lo smaltimento dei rifiuti di qualsiasi genere e provenienza, con l’esclusione delle discariche di seconda categoria tipo A, ai sensi della delibera del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984, nonché di terre di lavaggio provenienti dagli zuccherifici, nel rispetto delle disposizioni normative di fonte statale e regionale in materia. 17.
In tutte le strade e
parcheggi ricadenti nelle zone di protezione delle risorse idriche sotterranee
di cui alle presenti disposizioni, la superficie destinata al transito e alla
sosta dei veicoli deve essere pavimentata in modo tale da renderla impermeabile
e le acque meteoriche di "prima pioggia", pari ai primi 18.
Per gli insediamenti
produttivi deve in ogni caso essere garantito il deposito temporaneo dei rifiuti
in condizioni di massima sicurezza. 19.
Le pratiche agronomiche
devono essere tali da prevenire la dispersione di nutrienti e fitofarmaci
nell’acquifero soggiacente. Per quanto riguarda la pratica degli spandimenti di
liquami provenienti da allevamenti zootecnici si veda all’articolo
64. 20.
I progetti che prevedano operazioni di riutilizzo di terre e rocce di scavo non contaminate
ai sensi del decreto legislativo n. 152/2006, qualora non siano sottoposti a valutazione di
impatto ambientale, devono essere approvati dal comune. Il proponente o il produttore
dimostra ed attesta il rispetto delle condizioni necessarie nel rispetto di quanto prescritto
all’art. 41bis della Legge 98/2013. 21. Al fine di valutare il soddisfacimento dei requisiti per gestire come “terre e rocce di scavo” il materiale derivante dalle attività di cui al comma 1 dell’articolo 186 del decreto legislativo n. 152/2006, la documentazione dei progetti nei quali si prevede di riutilizzare questi materiali, anche nell’ambito dello stesso sito, deve contenere, oltre a quanto già prescritto per i titoli abilitativi, nonché nel caso di opere pubbliche per le quali non è richiesta nessuna autorizzazione: - l’entità volumetrica prodotta e quella destinata al successivo utilizzo; - la tipologia e la modalità di utilizzo previste per quanto si intende gestire come “tessa e roccia di scavo”; - la localizzazione del sito di utilizzo e deposito di tali materiali, la durata del deposito e le eventuali opere necessarie all’allestimento del sito; - la descrizione delle indagini effettuate e dei metodi analitici impiegati; - l’attestazione dell’idoneità qualitativa di tali materiali in riferimento all’analisi storica del sito di produzione, alle verifiche analitiche eseguite e alla destinazione d’uso del sito in cui avverrà l’utilizzo.
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